Il pifferaio magico

fratelli Grimm

C’era una volta la città di Hamelin in Germania. Era una città molto graziosa, ma aveva due grossi difetti: i suoi cittadini erano molto avari e le sue cantine piene di topi.

Di gatti neanche l’ombra perché, considerato dispendioso il loro mantenimento, erano stati cacciati.

Si pensò allora di far tornare i gatti, ma i topi li misero in fuga.

I poveri cittadini, non sapevano più che fare, e il sindaco non muoveva un dito.

Una mattina comparve in città un ometto minuto tutto brio e allegria che promise di far sparire i topi in cambio di mille monete d’oro.

Al sindaco la richiesta non parve esagerata e promise la ricompensa, scambiando con l’ometto una bella stretta di mano.

L’ometto, prese da un sacchetto che portava a tracolla un piffero e iniziò a suonare. Subito i topi che erano nello studio del sindaco, nascosti qua e là, balzarono fuori e, quando l’uomo uscì, lo seguirono.

Il pifferaio continuò a suonare in strada e nugoli di topi lo seguirono squittendo felici.

Nelle loro testoline vedevano montagne di formaggio tutte per loro, vedevano dispense con ogni ben di Dio pronte ad essere saccheggiate.

E la marcia trionfale del suonatore continuò: da tutte le case uscivano a centinaia topi di tutte le dimensioni, di tutte le età.

E la gente, affacciata alle finestre, appoggiata ai muri delle case guardò esterrefatta e felice quella smisurata fila di roditori che seguiva il suonatore.

Finalmente quando tutti i topi della città furono riuniti dietro a lui, il suonatore si avviò verso il fiume e le bestiole dietro, sempre più affascinate dalla musica magica.

Il pifferaio entrò nell’acqua e i topi sparirono trascinati dalla corrente del fiume.

Quando fu il momento di riscuotere la ricompensa però, il sindaco si rifiutò.

Il pifferaio allora amareggiato e molto arrabbiato promise vendetta.

Uscì in strada ed iniziò a suonare il suo flauto.

Improvvisamente comparì un bambino incantato dalle note.

A lui si unirono due, tre compagni e tutti guardavano come affascinati il suonatore.

La musica diventò più dolce e persuasiva e nella mente dei bambini faceva nascere visioni di città tutte balocchi, di città tutte dolci, senza scuole, senza adulti che volevano comandare ad ogni ora del giorno.

E la schiera ingrossava sempre più e tutti i componenti erano felice e ridevano, e tenendosi per mano cantavano seguendo sempre più affrettatamente il pifferaio.

I genitori cercarono di rincorrere quella schiera di gioiosi figlioli che se ne andavano con l’omino così, ma si stancarono presto non riuscendo a tenere il passo.

Il suonatore s’incamminò verso la grande montagna che si trovata proprio alle spalle della città.
I bimbi dietro cantavano: erano così felici di seguire quell’omino che nessuno li avrebbe distolti dal loro proposito.

Giunsero così a metà montagna: al suono del piffero questa si aprì e tutti, pifferaio in testa, entrarono nella fenditura che si richiuse ermeticamente dietro l’ultimo della fila.

Ne restò fuori solo uno zoppetto che non era riuscito a camminare veloce come i compagni.
I cittadini che giunsero sul luogo dopo qualche tempo, lo trovarono là che piangeva disperato per non aver potuto raggiungere i suoi amici.

Dei bambini non c’era più traccia e nessuno seppe mai ciò che ne fosse stato.​

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