Charles Perrault
C’era una volta in un reame lontano, un re e una regina che non riuscivano ad avere un erede.
Dopo tanto tempo, arrivò una bambina Aurora, e si festeggiò con un bel battesimo. Le sette fate del reame furono invitate per fare da comari alla principessina, e tutte le portarono un dono speciale. Chi la bellezza, chi la saggezza, chi la perfezione, chi il talento musicale oltre alla grazia e una bella voce.
Mentre le fate erano in fila per elargire i loro doni, comparve una vecchia megera. Era una creatura solitaria, che viveva isolata da tantissimo tempo. Di lei nessuno si era ricordato, e per questo non era stata invitata.
L’omissione non era stata fatta con cattiveria, ma per l’anziana creatura il mancato invito era un’onta da vendicare. La vecchia pensò di essere disprezzata e brontolò fra i denti qualche minaccia.
Si avvicinò alla culla della piccola incurante delle altre fate, e pose il suo maleficio con freddezza estrema.
Al raggiungimento del sedicesimo anno, Aurora si sarebbe punta una mano con un fuso, e ne sarebbe morta!
Poi se ne andò!
Il terribile presagio fece rabbrividire tutti.
Una giovane fata, che non aveva ancora fatto il suo dono alla principessina, intervenne prontamente.
Avrebbe voluto donare alla piccola una bella virtù, ma vista la situazione cercò di riparare il male che aveva fatto la vecchia. Non potendo annullare il maleficio, ne cambiò l’esito finale.
La principessa sarebbe stata punta da un fuso, ma invece di morirne, sarebbe caduta in un sonno profondo. Dopo cento anni, il figlio di un re, sarebbe arrivato per svegliarla.
Disperato il re bandì tutti gli arcolai dal suo regno, sperando così d’impedire che la maledizione potesse avere compimento. La principessa all’età di sedici anni però, incontrò per caso una vecchia che stava filando, e il suo fato fu compiuto.
Aurora fu messa sopra un letto tutto ricamato d’oro e d’argento, in una stanza piena di rose. La fata buona che aveva cambiato l’incantesimo, fece addormentare anche tutti quelli che si trovavano nel castello, così che al suo risveglio, la principessa non si fosse sentita sola.
Dame, governanti, camerieri, cuochi, paggi, guardie, ufficiali, fantini, cani e cavalli. Perfino gli spiedi che stavano sul fuoco pieni di cacciagione si addormentarono, e così pure il fuoco.
Il re e la regina lasciarono il castello, e tutt’intorno al maniero, crebbero enormi alberi e piante di rovo, i cui rami s’ingrossarono intrecciandosi e riempendosi di spine. In breve coprirono tutto.
Silenzio.
Passarono gli anni.
Cent’anni dopo, un giovane principe arrivò nel reame durante una battuta di caccia, e rimase incuriosito dalle torri che spuntavano nel bel mezzo di un bosco molto fitto. Informato dei fatti che oramai erano divenuti racconti leggendari, decise di andare a curiosare.
Al suo passaggio i fitti intrighi di rovi si aprirono indicando la strada. Un profondo silenzio lo acconpagnò mentre attraversava le stanze del castello, finché arrivò al cospetto della principessa. Aurora dormiva nel suo letto circondato da rose.
Bellissima.
Il principe se ne innamorò perdutamente.
La baciò dolcemente e la principessa si svegliò, e con lei tutti gli abitanti del castello.
La vita tornò immediata e prepotente in tutte le creature. Ogni cosa tornò al suo posto, i due si sposarono e vissero tutti felici e contenti.