Il leprotto ingordo

Un giovane leprotto vagando per i prati in cerca di avventure, arrivò nei pressi di un orto dove un umano stava estirpando delle belle carote succulente. Le carote riposte in una cassettina, risplendevano al sole di primavera come gioielli preziosi.

Gli occhietti del leprotto si sgranarono, la saliva riempì il suo palato e la lingua si srotolò fuori dalla bocca.

“Sono golose vero?” Chiese una tartarughina che si crociolava al sole.

“Altrochè!” Esclamò il leprotto con la lingua ancora per terra.

Improvvisamente l’umano prese la cassettina riempita di carote, uscì dall’orto e si allontanò.

“Devo assolutamente assaggiarne una!” Bramò il leprotto guardandosi intorno.

” Bhè… tu sei veloce.” Constatò la tartaruga, “In un lampo potresti entrare nell’orto e prendere una carota.” Consigliò. “Prima che l’umano faccia ritorno, però, perché poi le porterà via tutte.” Continuò sospirando, “Domani non ce ne saranno più!” Concluse indicando un’altra cassettina vuota, appoggiata vicino a un rastrello.

Il leprotto spinto dalla gola e dalle parole della testuggine, si precipitò nell’orto e tirò via una carota dal terreno.

” Slurg!” Fece la sua lingua leccandosi i baffi. “Bella, grossa e succulenta!”

Stava per azzannarla quando gli occhi caddero sui bei ciuffetti di foglie che spuntavano dal terreno. Promettevano lì sotto un ricco bottino. E ce ne erano ancora a decine.

“Mmmmmmm..” Mugugnò allontanando il pasto dalla bocca, ” Perché solo una quando potrei averne tante?” Riflettè, “Magari anche più grosse!”

Così dicendo, invece di mangiare la carota, iniziò ad estirparle tutte, sotto lo sguardo preoccupato della tartaruga.

“Ma che fai?” Urlò concitata, “L’umano sta tornando!”

Il leprotto cercò di caricare a mò di bracciata tutte le carote estirpate. Ma erano tante. Erano troppe! Ne prendeva una e gliene cadevano due, ne raccoglieva due e ne cadevano cinque.

“Su sbrigati!” Incitò la tartaruga.

Il leprotto s’innervosì. Ne raccolse cinque, caddero quattro, ne raccolse quattro caddero due. Ne raccolse due caddero sette.

“Sta arrivando, sta arrivando!” Avvertì la tartaruga.

Il leprotto iniziò ad aver paura. Ne raccolse sette, ne caddero cinque.

“Forza fai presto!” Tuonò la testuggine.

Il leprotto non riusciva a contenere il prezioso carico. Ci riprovò. Raccolse le cinque carote, ma come si mosse ne caddero due.

“Non importa, lasciale lì!” Suggerì la tartaruga.

Ma il leprotto tignoso non ascoltò. Raccolse le due carote e provò a stringere più forte le zampe, ne caddero quattro. Le raccolse, ne caddero tre.

“Lascia stare !” Smanettò la tartaruga.

Il leprotto sordo ai richiami, provò ad aggiustare la presa. Allentò le zampe ne caddero sette.

“Vieni via, vieni via!” Intonò la tartaruga.

Il leprotto volle fare un ultimo tentativo. Ormai l’umano era arrivato in prossimità dell’orticello, e l’animale provò a raccogliere le sette carote. Caddero tutte!

L’umano entrò nell’orto gridando:” Chi c’è? Chi è che mi ruba le carote?” Tuonò, lanciando il rastrello verso l’animale.

Il leprotto terrorizzato scappò via a mani vuote, mentre l’umano continuava ad inveire contro di lui. “Se ti vedo ancora da queste parti ti faccio arrosto!” Minacciò al ladruncolo ormai lontano.

Piano piano la tartaruga raggiunse il leprottino che impaurito e stanco riposava sotto un cespuglio ai margini del bosco.

“Incauto e stolto!” Sentenziò “Perché non mi hai dato ascolto?” Chiese. ” Quando ti ho detto di lasciare le carote cadute e di scappare, perché non lo hai fatto?” Continuò. “Adesso potresti goderti comunque un bel pasto”.

“Ero indeciso su quale fosse la più bella.” Rispose il leprotto con un filo di voce. “Solo che mi sembravano una più bella dell’altra. Non potevo lasciarle.”

“Sei stato ingordo.” Rimproverò la tartaruga, “Se ti fossi accontentato di quelle che avevi tra le zampe, ora consumeresti un’ottima cena!” Concluse.

Infine sventolò una carota succulenta, sotto il naso dell’attonito leprotto. “”Io mi sono accontentata, e adesso me la mangio!”

E così dicendo se ne andò per i fatti suoi, lasciando il leprotto avvilito e con la pancia vuota.

Morale: chi troppo vuole nulla stringe! È sempre meglio accontentarsi di quello che si ha, perché pretendendo troppo, si rischia di non ottenere nulla.

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